La seta in Sicilia
Sappiamo che la seta giunge in Italia dalla Grecia e dal Medio Oriente. L'arte della seta si sostiene meglio nel sud Italia; in Calabria divenne intensa la coltivazione del gelso e degli allevamenti di bachi da seta grazie all'apporto dei monaci basiliani. Anche in Sicilia il baco da seta era probabilmente già stato importato dai bizantini. E' certo che la produzione tessile di vari materiali fosse notevole nel sud Italia. Qualche nuovo motivo arricchisce le stoffe seriche siciliane che restono però sempre vincolate alla tradizione bizantina e araba, la prima palese nei motivi circolari e nei colori sobri, la seconda nelle scritte e nella ricchezza dei particolari decorativi. [1]
Mantello di Ruggero II, Kunsthistorisches Museum, Vienna

Ed è proprio da Palermo che ci sono pervenuti i primi manufatti serici italiani: le vesti regali dei re normanni e degli imperatori svevi di cui il più famoso è il cosidetto "mantello dell'incoronazione" così chiamato per essere adoperato dagli imperatori del sacro Romano Impero per la cerimonia dell'incoronazione, e per questo motivo finito nel tesoro degli Asburgo e conservato nel tesoro degli Hofburg. E' un opera di straordinaria sontuosità, a forma approsimativamente circolare.
Particolare del manto di Ruggero II in cui si può notare
il bordo inferiore decorato dalla iscrizione a caratteri cufici.
Il mantello è in seta rossa di ampie dimensioni (345 x 146 cm.) e il colore rosso di fondo è stato ottenuto non dalla porpora, ma dal "chermes", un colore ottenuto da insetti. [3] Il tessuto del manto è largamente ricoperto da ricami a fili d'oro, smalto e perle , presenta, al centro, una palma in oro stilizzato che simboleggia "l'albero della vita", con sette rami; ai lati dell'albero, simmetricamente sono raffigurati due leoni in posizione speculare raffigurati nell'atto di sopraffare due cammelli, già proni sotto gli artigli dei due leoni. I cammelli, fra le zampe dei leoni, rappresenterebbero i sudditi arabi nelle mani del re a cui rimanda il leone, animale araldico degli Altavilla. Sulla testa di ciascun leone è applicata una borchia d'oro di smalto cloisonné, a disegni geometrici, mentre le figure dei nobili animali, dal portamento eretto in contrasto con quello sottomesso dei camelli, sono tutte bordate da filo d'oro e da due file di minuscole perle d'acqua dolce, che delimitano anche i riccioli delle criniere.
Nel bordo inferiore il manto, è costituito da un fregio ornato d'oro, perle e piccole piastre d'oro e smalto con disegni per lo più geometrici. Un ultima banda corre lungo l'orlo curvilineodel mantello e reca, in caratteri cufici, [4] una iscrizione araba da cui risulta che venne eseguito nell'anno 528 dell'Egira [5] (quindi 1133-34) nella "tiraz" (officina reale) di Palermo. L'iscrizione, dedicata a Ruggero, dice: «Lavoro eseguito nella fiorente officina reale, con felicità e onore, impegno e perfezione, possenza ed efficenza, gradimento e buona sorte, generosità e sublimità, gloria e bellezza, compimento di desideri e speranze, giorni e notti propizie, senza cessazione né rimozione, con onore e cura, vigilanza e difesa, prosperità e integrità, trionfo e capacità, nella Capitale della Sicilia, l'anno 528». (trad. Fr. Gabrieli).
E' realizzato in un tessuto chiamato diaspro. [6] in modo che le immagini risultino in rilievo. Le fodere del mantello erano tre, probabilmente cucite l'una sull'altra nel tempo, per l'usura delle precedenti.
La prima e più antica è in seta dorata tipo arazzo, forse dell'inizio del XII secolo, con colori vivaci come il rosso, l'oro, il verde, il blu, il viola, il giallo ocra, il bianco e il nero.
La seconda è una fodera rossa, di manifattura italiana posteriore (XIV secolo) che assomiglia ad un lampasso [7] con disegni a motivo floreale in verde, blu e bianco.
La terza fodera è in lampasso di seta verde cangiante, a fasce tono su tono con motivi vegetali.
Pare poco probabile che il mantello sia servito per l'incoronazione di Ruggero II, dato che gli elementi decorativi non sono cristiani; è più probabile che Ruggero II se ne sia servito per udienze o per incontrare ospiti particolari.
[1] Rosita Levi Pisetzky, Storia del costume in Italia, Istituto editoriale Italiano - Treccani, vol. I, p. 231
[2] I laboratori reali di tessuti di Palermo erano chiamati "Tiraz" (in greco "Ergasterion", in latino "Nobiles Officinae"), che i Normanni trovarono impiantata e che vollero mantenere in funzione, anzi ne potenziaro in vari modi la potenzialità ed il prestigio. Nella Tiraz si producevano tessuti, tapppeti, oreficeria ed altri oggetti di pregio destinati all'uso della famiglia reale, dei notabili, come doni di ambascierie, ed in parte per l'esportazione in altri paesi. Si sa che il laboratorio di Palermo era annesso alla reggia, sebbene sia difficile stabilire oggi quale fosse la sua precisa collocazione nell'ambito dei vari settori che costituivano il complesso del Palazzo Reale.
[3] «Il colore ha grande importanza nel determinare il valore delle stoffe, sia perché alcune materie tintorie sono costosissime, sia perché i colori preziosi (...) sono adoperati soltanto per i tessuti di qualità più fine». R.L. Pisetzky, Storia del costume in Italia, op. cit. vol. I, p. 233
[4] Caratteri usati nella fase più antica (VII-X sec.) della scrittura araba, sia epigrafica sia letteraria, con forme rigide impiantate su una linea di base orizzontale.
[5] Il calendario islamico si basa su una scansione del tempo puramente lunare. Parte dall'anno 622 in cui fu compiuta l'Egira del profeta dell'Islam Maometto.
[6] Nel diaspro (o meglio "diasprum", voce che deriva dal latino diaprum) il fondo è un tessuto semplice, mentre il motivo decorato è lavorato con una trama pesante costruita su due orditi. E' una stoffa serica per l'abbigliamento ecclesiastico, particolarmente lucida,con motivi opachi. E' detta anche "diasperata".
[7] Tessuto operato di grande pregio, originariamente fatto a mano, che impiega almeno due orditi (uno di fondo) ed una o più trame per permettere una stoffa a più colori e con motivi a rilievo.
BIBLIOGRAFIA
L. Guarasci, La Calabria e la Seta, stampato da La Grafica Meridionale - Montalto Uffago (CS), 2007
M. d'Onofrio (a cura di), I Normanni popolo d'Europa, Roma/Venezia (1994)
© Riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.